Il percorso espositivo, basato sulla scansione cronologica e geografica,
si apre con la presentazione dei numerosi reperti provenienti dall’area compresa tra Anatolia e Iran dove comparvero le prime matrici, utilizzate come contrassegno, databili alla fine del IV millennio a.C.
Questi antichissimi strumenti destinati alla marchiatura permettono di introdurre il visitatore all’uso delle matrici-amuleto nell’Egitto faraonico, con sigilli a forma di scarabeo realizzati in pietra e faïence, e di giungere agli anelli sigillari romani di età imperiale, dai castoni di corniola o pasta vitrea elaborati dall’antica glittica, affiancati in vetrina da esemplari di epoca medievale e rinascimentale tra i quali spicca quello appartenuto all’umanista forlivese Flavio Biondo.
Testimoniato dalle matrici rotonde o “a navetta” l’uso del sigillo ecclesiastico dal Trecento all’Ottocento è ben rappresentato nell’esposizione museale; tipari bronzei di archidiocesi, confraternite e della Reverenda Camera Apostolica sono collocati accanto alle impronte in ceda e piombo uscite da cancellerie papali e vescovili ed a stampi per pani eucaristici risalenti al V-VI secolo.
Il periodo di maggior uso e splendore del sigillo è senza dubbio quello compreso tra i secoli XVIII e XIX. La sezione della Collezione Capellini dedicata alle produzioni dal Settecento al periodo Liberty presenta esemplari in argento, bronzo, avorio, tartaruga, pietre dure, conchiglia, porcellana e i cosiddetti “sigilli curiosi”, cioè libere elaborazioni o applicazioni della funzione di matrice su oggetti nati per latri scopi utilitari (bastoni, martelli, fiale da profumo, ecc.). Una vetrina è dedicata ai cosiddetti “piccoli monumenti”, impugnature metalliche decorate da figure allegoriche, ritratti di personaggi storici o da semplici, accattivanti statuette quasi tutte firmate dai grandi nomi della bronzistica d’oltralpe tra i quali Joseph Bosio, detto “il Canova francese”.
I sigilli di vetro e cristallo creati dalla sensibilità di René Lalique sono proposti in vetrine che accolgono la produzione di questo maestro dell’Art Nouveau con esemplari spesso rarissimi.
Chiudono la visita della prima sala le coloratissime impugnature di resina databili tra il 1907 e gli anni Quaranta del secolo scorso, affiancate dalle presse per la creazione dei timbri a secco e dai sigilli a matrici multiple contenuti in fantasiosi astucci.